benvenuti a casa della stronza

Questa è la casa della Stronza Jenny, una dimora in cui vigono regole tutte strane e che potreste non accettare, ma a me che me ne fotte?

domenica 24 febbraio 2013

post giogione, per l'elezione

E' arrivato il momento di votare.
Prima o poi, per tutti arriva il momento di recarsi in un posto orrendo, una scatola in cui si sono recati miglia di persone a lasciare il segno ed eleggere i propri rappresentanti, magari sputando sulla matita che si ha in mano, lasciando i propri germi sulle tre pareti attorno a noi.
Votare è cosa antigenica e non salutare, lo si fa sempre controvoglia.
Tutti dovrebbero lasciare un segno, ed ogni segno dovrebbe avere significato, essere espressione di volontà e preferenza,ma lasciando la carta immacolata si esprime una scelta? No, ma disegnandoci cazzilli e scrivendoci poemi si soddisfa anche gli scrutatori e i presidenti di seggio. Ve lo dico per esperienza personale.
Sono stata tra le 3 lamiere arrugginite in silenzio a guardare 'sti simboli, poi mi sono buttata ed ho espresso la mia preferenza, certa di non essere rappresentata al meglio, causa Porcellum.
E' necessario votare però, perché qualsiasi mestiere io faccia dichiarare di volere un mondo migliore e non fare nulla per ottenerlo, rimanendo nel buio dei proprio studio o in una camera fumosa è ignavia, peggio dell'aizzare guerra, è immorale, soprattutto laddove spesso si facciano panegirici sull'etica.
A che serve dichiarare qualcosa e non agire per ottenerla, dichiarare le preferenze, lasciarle intendere e influenzare? A cosa serve convincere gli altri a farlo al nostro posto? E' peggio, perché si dichiara, si pretende e presuppone di pensare di essere nel giusto, senza porre in dubbio le nostre motivazioni, sentirsi integerrimi, intoccabili e agire senza ragionamento/logos tramite automatismi, non ammettendo nella propria vita sfumature e i necessari compromessi per potersi volgere verso gli altri, non vuol dire obbligarsi a compromissioni e forzature.
Non sapevo chi votare questa mattina, ma sapevo perché lo facevo e per cosa.
Anche se ho paura del risultato.
E poi il rosa è fashion e il giallo è trendy.

Voglio, veto, voto. Anzi, votai.

venerdì 22 febbraio 2013

Fearless, un film senza paura

Titolo originale: Huo Yuanjia



Cina, 2006, Durata 105 min, arti marziali,drammatico, Regia e sceneggiatura Ronny Yu, Produttore William Kong, Musiche Shigeru Umebayashi, Scenografia J. Michael Riva

Starring: Jet Li, Shido Nakamura, Betty Sun, Dong Yong,Paw Hee Ching, Collin Chou, Qu Yun, Masato Harada, Nathan Jones, Brendon Rhea, Anthony De Longis, Jean Claude Leuyer, Mike Leeder, Jon T. Benn, John Paisley


Trama

Nel settembre 1919 il maestro di Wushu Huo Yuanjia affronta e batte uno a uno tre lottatori europei, arrivato il momento di affrontare il campione giapponese Anno Tanaka inizia un flashback sulla sua vita.
Il padre di Huo gli aveva proibito di praticare le arti marziali, perché cagionevole, ma lui testardo spia ed impara, fino a quando non viene il suo momento. Alla morte del padre, avvenuta in combattimento per aver trattenuto l'ultimo pugno, è lui a prendere in mano la situazione e la scuola giurando di non subire mai la sconfitta, decisione che gli costerà guai e dolore... 


Il film come lo ha visto la Stronza


Un film intenso sulle arti marziali, secondo solo a Ip Man.
Ronny Yu nel 1997 ha diretto Bride of Chucky, nel 2001 Codice 51 con Samuel L. Jackson e nel 2009 con The Last Vampire - Creature nel buio - dirige e sceneggia il film che prende spunto dalla vita del maestro Huo Yuanjia e i cui parenti hanno tentanto il ritiro dal mercato dell'opera, ritenendola lesiva dell'immagine del caro defunto.
Bisogna tenere conto che ll Wushu è l’arte marziale cinese per eccellenza, la stessa che studiano nelle scuole di opera e teatro tradizionale e che ha permesso a Jet Li di arrivare davanti a Nixon in America e di rimanerci come istruttore e stuntman, ne  è esperto Giorgio Pasotti e se non mi credete andate a vedervi il video di Elisa, Luce (tramonti a nord est).
Il film integra storia all'invenzione di Yu, anche se è molto imprecisa, risulta più uno spaccato di vita di un sifu di wushu qualsiasi, non molto onorabile, vista la propensione all'alcool e alle cattive compagnie. I suoi dubbi, gli oneri, gli onori, le riflessioni di cui sono capaci solo gli orientali, seppur non immediati hanno la funzione di far entrare i poveri occidentali nel mondo dagli occhi a mandorla.
La trama è interessante, è la storia romanzata del maestro Huo Yuanjia, non risente dei rimaneggiamenti che invece lo rendono un film d'azione e redenzione godibile e viene supportato da bei dialoghi e personaggi reali con un tocco cinese.
Per fare un paragone, in Occidente film così non ne ho visti, a meno che qualcuno non decida di fare un film sulla Montessori alle prese con la lotta greco-romana.
Fearless ha tutta l’arte di registica asiatica, dalle scene ai movimento di camera e i ritmi sensazionali nei combattimenti, dettati dal montaggio serrato e quasi perfetto, ma anche nelle scene emozionali e quella nella casa di lui è un esempio: la macchina segue in un'unica soluzione il maestro tra le stanze, grazie all'utilizzo di crane su carrello, rende lo spettatore un voyeur .
Azzeccato il cambio di fotografia e costumi coincidenti con il cambio di “narrazione”, dal sé passato al sé consapevole durante la permanenza nel villaggio del sud cinese -  non paragonabile a quelli di Hero, ma comunque valevoli - da cupi a brillanti, luminosi, intensi e stesi in ampie campiture, come la nuova vita del protagonista.
Vanno riconosciuti gli sforzi degli scenografi nel riprodurre le ambientazioni, sobrie e mai ad effetto chincaglieria – questa la capisco solo io – , ma anche i costumi.
Le uniche pecche sono le interpretazioni, tanto caricaturali da essere finte, ma sempre meno rispetto ad altri film del celeste impero e solo al secondo posto nella mia personale classifica mondiale delle brutte recitazioni, al primo gli spagnoli e i sud americani ed al terzo posto i giapponesi.
La versione italiana soffre di un doppiaggio di medio livello, pessimo in alcuni momenti.
Jet Li si impegna nella lotta, ma non è al massimo dell'interpretazione, come in Danny The Dog.
Il film non è certamente un'opera perfetta, ma zoomate improvvise ed interpretazioni hanno un contesto e dunque posso chiudere un occhio su queste pecche, i pregi li superano di gran lunga, pur non facendoli dimenticare.
Fearless mi ha lasciato una bellissima sensazione nello stomaco e nella bocca, infatti questo film lo vedrò ancora, per la terza volta.

7,5/10

giovedì 21 febbraio 2013

Upside Down, tra alti e bassi

ATTENZIONE SPOILER

Film in uscita il 28 febbraio prossimoin 2D e 3D




Upside down, Francia, Canada2012, 107 min, drammatico, fantascienza, romantico
Regia, soggetto e sceneggiatura Juan SolanasProduttore Claude Léger, Dimitri Rassam, Aton Soumache, Jonathan Vanger, Alexis Vonarb, Produttore esecutivo Phil Hope, James W. Skotchdopole, Casa di produzione Jouror Productions, Onyx Films, Studio 37, Fotografia Pierre Gill, Montaggio Paul Jutras, Musiche Benoît Charest, Scenografia Alex McDowell, 

Starrimg: Kirsten DunstJim SturgessTimothy SpallJames Kidnie,Don Jordan
John MaclarenAgnieshka Wnorowska, Jayne Heitmeyer, Heidi Hawkins, Elliott Larson, Nicholas Rose, Larry Day, Vincent Messina, Holly O'Brien, Paul Don



Trama 


Due mondi, il Mondo di Sopra-ricco e quello di Sotto-strapoverocollepezzearcu*lo sono regolati da fisica newtoniana distinta ed opposta, ruotando entrambi attorno ad un unico sole. Due ragazzini appartenenti lei, Eden/Eve (solo in italia è Eve) al Sopra e lui Adam (viva l'originalità) al Sotto s'incontrano e si innamorano - mio nonno lo diceva sempre sopra al maschio ci vuole la femmina -.
La storia è clandestina, perché proibita dalle regole dei due mondi, anche per le leggi fisiche che li regolano e così, una volta scoperti i due vengono separati violentemente e lui crede lei morta per 10 anni, fino a quando lui non la rivede in Tv e decide di rivederla a tutti i costi ed escogita un piano che cambierà per sempre il destino di entrambi, sfruttando anche le conoscenze mistiche della zia defunta di Adam...


Il film come lo ha visto la Stronza



Pare che questo Juan Diego Solanas, figlio del più noto Fernando, gran regista argentino politicamente attivo e vincitore di numerosi premi internazionali, sia in gamba e in grado di creare chicche autoriali e poetiche cariche di simbologia alla Terry Gilliam. E' nato in Buenos Aires nel 1966 e poi trasferitosi a 11 anni in Francia ed ha aitato il padre nella creazione del film La Nube nel '98 e ha poi diretto il suo primo cortometraggio autoriale, L'homme sans tête nell 2001 osannato, pare sia una vera perla magica ed eterea, il suo primo film è Nordeste nel 2005.
Perché faccio una tale premessa?
La verità è che se pensate vi possa interessare il film e meglio che non leggiate questa recensione. Spero non vi siate creati delle aspettative elevate, il rischio di aspettative tanto alte e che cadendo risulteranno pesantissime, come la mela in testa a Newton. 
Non mi è piaciuto.
Peccato, perché gli ingredienti per la ciambella con il buco c'erano tutti, invece mancava la teglia per cuocerla.
Mi spiego meglio... indubbiamente è un film dal fortissimo impatto visivo e grafico, in cui non manca la tecnica, le ambientazioni sono oniriche e dai richiami surrealisti, c'è la fantascienza e c'è l'amore. Un ampio spazio in cui, l'autore avrebbe potuto far vagare la propria fantasia, invece scrive una banalissima storia d'amore.
Insomma, tanto eccelle dal lato tecnico, una fotografia pennellata pastello, che passa dai toni freddi a quelli caldi, accompagnando gli stati d'animo dei protagonisti, tanto è piena di nonchalance che diventa buona la recitazione della Dunst, molto meno bene Sturgess, notevolmente sottotono, forse anche a causa dei dialoghi insipidi.
Si sarebbe potuto indagare il lato sociale della pellicola, parlando di sfruttamento, razzismo e ghettizzazione, si poteva sfruttare i due mondi in modo da indagare anche le regole della fisica alla base della loro esistenza e creare qualche difficoltà in più ai protagonisti ed approfondire la simbologia di cui è intrisa la pellicola e i cui indizi potranno essere compresi solo da chi ha una base di misticismo-esoterico e di arte.
Dunque tra i difetti della pellicola, oltre alla banalità della trama anche un po' di pretenziosità.
La storia si apre con la voce narrante di Adam, descrive il sistema in cui vive, unico per la doppia gravità dei due Mondi collegati tramite una struttura, tipo multinazionale, la TransWorld, causa della povertà di uno e della ricchezza di quello di Sopra.
Tre sono le fondamentali regole delle gravità: quello che appartiene ad un mondo è attratto dal centro di gravità del pianeta da cui proviene, la seconda è che il peso di un oggetto può essere controbilanciato dalla materia inversa e se per un lasso di tempo breve e sufficiente la materia è a contatto con quella inversa brucia.
Adam è un orfano di Sotto e sua zia Ella svela che il polline delle api, proviene da fiori di entrambi i mondi, e mostra singolari proprietà. Le api sono simbolo di vita per gli egizi, e simbolo di eterna rinascita ed operosità. 
Adam per le montagne e raggiunge una cima ed incontra Eden - in questo caso ca va sans dire - e i due, s'incontrano periodicamente e s'innamorano, ma la storia è proibita e pericolosa.
Fin qui tutto bene, il film mi stava piacendo, seppur con qualche riserva sulle regole e l'inviolabilità delle stesse. Come mai nessuno prima aveva mai tentato la rivalsa sul mondo di Sopra? Perché non ci viene mostrato e svelato di più dei mondi, degli usi delle abitudini, dei miti, sfruttandoli come espedienti nella narrazione?
Perché non spiegano meglio i rapporti lavorativi tra i due mondi nella compagnia, magari indagando nei ruoli secondari?
Tutto ruota attorno a questa storia d'amore sciatta. Tanto potenziale sprecato. Un film di cui non so se parlare bene o male e il cui unico punto di forza è il notevole impatto visivo.

Voto emotivo 5

riflettendo:
6-/10

mercoledì 20 febbraio 2013

Ralph Spaccatutto ed il caramelloso mondo


Titolo originale: Wreck-It Ralph



USA,  2012, 101 min, animazione, commedia, avventura, Regia  e soggetto Rich Moore, Soggetto Phil Johnston, Jim Reardon, Sceneggiatura Jennifer Lee, Phil Johnston, Produttore Clark Spencer, Monica Lago-Kaytis, Produttore esecutivo John Lasseter, Casa di produzione Walt Disney Animation Studios, Art director Ian Gooding, Montaggio Tim Mertens, Effetti speciali Amanda Dyar, Musiche Henry Jackman

Doppiatori originali: John C. Reilly, Jack McBrayer, Jane Lynch, Sarah Silverman, Dennis Haysbert, Alan Tudyk, Ed O'Neill, Mindy Kaling, Joe Lo Truglio, Jess Harnell, Rachael Harris, Horatio Sanz, Adam Carolla, Edie McClurg, Roger Craig Smith, Jamie Elman, Stefanie Scott, Skylar Astin, Reuben Langdon, Kyle Hebert, Rich Moore, Gerald C. Rivers, Kevin Deters, Raymond S. Persi, Maurice LaMarche



Trama



Ralph Spaccatutto è il cattivo del videogioco Felix Aggiustatutto, dal nome del protagonista, Felix. Il regista ed ideatore è Rich Moore, lo stesso che ha diretto episodi de I Simpson, Futurama, Il Critico, Drawn Together (quel reality satirico sui cartoni animati) e Spy vs Spy e dai suoi precedenti lavori sembra prendere l'ironia e l'accenno sarcastico.
Ralph distrugge e Felix aggiusta.
La sera dei trent'anni del gioco, Ralph - doppiato in originale da un'ottimo Jon C.Reilly - si rende conto di non voler essere un cattivo e di non essere stato invitato all'anniversario del gioco, così per ottenere una medaglia entra in Hero's Duty sparatutto in cui è presente Tamora Calhoun - la voce è di Jane Lynch, più nota per la sua parte in Glee -, ufficiale militare dal doloroso passato. Rubata la medaglia Ralph entra per errore in Sugar Rush, un videogioco di kart, insieme ad un pericoloso scarafoide.
Nel gioco il burbero incontra Vanellope von Schweetz -  la voce è della comica statunitense Sarah Silverman -, un glitch di Sugar Rush, che gli ruba la medaglia per partecipare alla gara di kart. I due diverranno alleati e desteranno le attenzioni del re del gioco Candito.
Intanto Felix e Tamora cercano Ralph e lo scarafoide per sventare la fine di Sugar Rush e di Felix Aggiustatutto. 


Il Film come lo ha visto la Stronza



Innovazione è una parola difficile da leggere nelle recensioni cinematografiche degli ultimi 2 anni, probabilmente l’ultima volta in cui è stata avvistata è stata per Inception di Nolan.
Non è innovativo neanche Ralph Spaccatutto, ma è originale e non è cosa da poco, questo perché utilizza in modo funzionale quante idee vintage (vecchie suona male ed è poco glamour) e storie sentimental-ritrite ha sul mercato la Disney. Non ditemi di non aver mai sentito la storia del bruto che aiuta la piccola adorabile peste. Il concetto è: perché fare un film da idee vecchie, quando invece quelle idee e le loro vite parallele possono essere protagoniste?
Un film in grado di raccontare con un linguaggio universale cosa fanno e chi sono i protagonisti dei videogames e mette tanta carne al fuoco, per me e per i miei amici, quasi tutti giocatori incalliti.
Presenti nella trama due anime distinte ma ben integrate, per piccini in quella più semplice, ma che nasconde all'interno l'amarcord per pseudo-adulti di oggi.
Un prodotto Disney, fuori dagli schemi tipici e libera la fantasia del proprio reparto animazione dalla collaborazione con Pixar e impara dai competitor come la Sony e DreamWorks.
Il lavoro dei grafici e notevole e si vede nella meticolosità con cui sono stati creati personaggi, movimenti e fondali, bellissimo l’uso dei colori e la resa delle ambientazioni nei diversi tipi di videogiochi presenti.
La necessità della multinazionale è attrarre nuovo pubblico, attingendo agli spettatori dei cartoons di ieri, un segmento recentemente soddisfatto in parte con Trone II e con la saga di Pirati dei Caraibi
Nugoli di 30-40enni avranno sfruttato l’evento per portare al cinema i propri piccini, attratti come i moscerini con il miele della giovinezza, quella passata. 
Il genere era già stato sdoganato e celebrato dalla magnificenza di colossal come Il principe d’Egitto e poi nel tempo catturati definitivamente da Shrek.
Ralph ricorda all'apparenza l’orco verde e fa l’antagonista in un videogioco arcade mangia monetine, lo fa bene quanto fa bene il protagonista di quella che si preannuncia una serie di film Disney su di lui e con comparse di star consumate, quale Super Mario e capatine di Ralph in altrui videogiochi. 


Tutta la prima metà del lungometraggio, serio candidato agli Oscar 2013 come miglior film di animazione, è una rassegna di videogiochi d’annata, tra trovate, citazioni e cammeo, di Q-Bert, Street Fighter, Sonic, Pac-Man, Mortal Kombact e molti altri protagonisti del passato e del presente del gaming.
Ralph, che non è mica come Lara Croft, bella e giramondo, passa trent'anni ad onorare la parte di cattivo in Felix Aggiustatutto , somiglia per gli avambracci, le movenze e la postura ad un Donkey Kong umano (assente nella rassegna di giochi), mentre Felix è l'eroe, il buono, uno sbaffato Super Mario, concentrato a fare la parodia del classico eroe, indifferente dell’insoddisfazione della sua nemesi e così non lo invita alla festa dei trent’anni del gioco, in cui a fare da dj c’è Skrillex (Ralph è stato fortunato a non essere invitato), in cui si attende il ritardatario Mario e in cui i belpostiani sono animati a sedici bit.
Le intuizioni ci sono tutte, i richiami ai videogiochi anche e via l’operazione nostalgia, in cui gli autori sono nel proprio mondo delle sale giochi, scrivono con proprietà di linguaggio dei riferimenti alla cultura nerd, geek e di gamers, coincidenti con la passione per l’Oriente, tra letture di manga, visione di anime e conoscenza della cultura contemporanea del sol levante, che hanno permesso d’inserire nella colonna sonora del film, composta da Henry Jackman, le AKB48, idol giapponesi, esecutrici della canzone di chiusura, Sugar Rush.
Vanellope Von Schweetz di Sugar Rush è la piccola protagonista, un po’ Stich e un po’ Lilo, è un Glitch, un errore di programmazione che gli hard core gamers segnano sul taccuino, per poi sfruttare a proprio vantaggio (come fa Vanellope durante la corsa con i kart), il suo è un mondo dolce e crudele perché non contempla le imperfezioni, coloratissimo e modellato sulla base di Mario Kart e Crash Team Racing.
L’entrata di Raph e l’incontro con Vanellope nel mondo zuccheroso è il punto di rottura e del ritmo del film, da questo momento diventa più action e sentimentale, trascurando l’operazione nostalgia, ma senza abbandonarla del tutto. Infatti Re Candito-cappellaio matto, il cattivo del gioco, accede alla struttura del mondo zuccheroso digitando un codice Konami (un cheat/trucco) di tasti sul joypad del NES e l’intero film ricorda il Tron degli anni ’80, chiaramente indicato in uno dei portali della stazione centrale.

Un’operazione riuscita ed interessante e che eliminando le zavorre del buonismo e della iperglicemia, potrebbe prendere il volo e diventare il migliore degli esperimenti Disney senza un partner. Anche se dopo Brave quasi tutto va bene.


Voto

7.5/10

martedì 19 febbraio 2013

The words, le parole sprecate

Fare le matrioska, a parole 



ATTENZIONE SPOILER



2012, 97 min, Genere drammatico, romantico, Regia e sceneggiatura Brian Klugman, Lee Sternthal, Produttore Michael Benaroya, Tatiana Kelly, Jim Young, Produttore esecutivo Laura Rister, Cassian Elwes, Fotografia Antonio Calvache, Montaggio Leslie Jones, Musiche Marcelo Zarvos, Scenografia Michele Laliberte, Costumi Simonetta Mariano,Trucco Melissa Fafard

Starring: Bradley Cooper, Zoe Saldana, Olivia Wilde, Jeremy Irons, Dennis Quaid, Ben Barnes, J. K. Simmons, John Hannah, Željko Ivanek, Michael McKean, Ron Rifkin


Trama


Uno scrittore, scrive di uno scrittore che ha rubato il libro di uno scrittore che scrive di se stesso, ma in realtà è il primo scrittore che scrive di sé stesso e forse è lui ad aver rubato il libro.


Il film come lo ha visto la Stronza

Narrazione in più livelli, per una trama semplice e non molto elaborata, ma che avrebbe voluto essere di più.
Una regia/sceneggiatura a 4 mani, ma sembra essere stata terminata bruscamente in maniera frettolosa, senza la cura necessaria. 
Perchè seppur le storie nelle storie, nelle storie, siano poco interessanti singolarmente, nell'insieme divengono un pastrocchio.
I personaggi lasciano intendere di essere più di quello che i Klugman e Sternthal fanno vedere sul grande schermo e lasciano un senso d'inconcludenza, non tanto nelle trame e nelle storie, quanto nelle sensazioni, sentimenti e volontà, qui solo evocate.

Non è un brutto film, fatto da una regia semplice e mediocre, una fotografia basilare di cui non si ricorda nulla, come del resto di tutto il film.
La sceneggiatura sfrutta i cliché dello scrittore fallito e delle famiglie pazienti e dell'amore triste a Parigi, non è innovativa ed anch'essa non ha nulla di memorabile, l’idea ed il tema sono state trattato meglio in altre occasioni, in parte con Scoprendo Forrest.
Il cast non è malaccio, le interpretazioni sono riuscite,  soprattutto Dennis Quaid, anche se trovo il protagonista, Bradley Cooper non al meglio e insopportabile Zoe Saldana, noiosa e fastidiosa come ai tempi in cui faceva la ballerina perfettina in Il ritmo del successo e quando in  Crossroads - Le strade della vita, ha recitato, e sottolineo RECITATO, con Britney Spears, per rimembrarle l'orribile lavoro fatto in questo film ci vorrebbe un: VERGOGNA!
Non mi è dispiaciuta Olivia Wilde, anche se non ne comprendo la funzione, si sarebbe potuto trovare un'altro espediente per la narrazione, o serviva un po' di beltade?
Non ho compreso fino in fondo la scelta della scena finale, un'inquadratura imbarazzante.
Interessante l'interpretazione di Jeremy Irons, tremolate e vecchiardo.
Francamente comprendo tutti i critici che oltreoceano hanno stroncato la pellicola, definendola noiosa, ridicola, l'apoteosi delle buone intenzioni disattese e chiedendo al protagonista, Cooper, più attenzione nella scelta dei copioni, considerando il suo talento.
Sul NY Post la frase emblema del film è stata: "Bradley Cooper’s funniest movie since “The Hangover” — unfortunately, unintentionally this time ".
Ok ora mi sono sfogata e torno me stessa, non prima di suggerirvi questo link, se avete voglia di leggere i pareri oltreoceanici: http://www.rottentomatoes.com/m/the_words/ 
Tutto sommato è un film guardabile, non eccellente, non memorabile, ma non una schifezza completa.

Voto 6-/10

lunedì 18 febbraio 2013

Frankenweenie, reboot/vendetta burtoniana


Frankenweenie, dolce bianco e nero



ATTENZIONE SPOILER

USA,  2012, 87 minuti, B/N, animazione, horror, commedia, Regia, soggetto e produzione Tim Burton,  Sceneggiatura, John August, Produttore Allison Abbate, Montaggio Chris Lebenzon, Mark Solomon, Musiche Danny Elfman, Scenografia Rick Heinrichs

Doppiatori originali: Charlie Tahan, Winona Ryder, Catherine O'Hara, Martin Short, Martin Landau, Atticus Shaffer, Robert Capron, Conchata Ferrell, James Hiroyuki Liao, Christopher Lee

Doppiatori Italiani: Andrea Di Maggio, Veronica Puccio, Chiara Colizzi, Mauro Gravina, Omero Antonutti, Massimo Corvo, Arturo Valli, Lorenzo Crisci, Alex Polidori, Agnese Marteddu, Gualtiero Cannarsi


Trama



Victor ha un bull terrier amatissimo, Sparky. Il cagnolino viene investito da un'automobile. Victor riesce a resuscitare il cane rimettendone insieme i pezzi. Non è bello da vedere, ma è il suo miglior amico e decide di nasconderlo in casa. Nel frattempo a scuola è indetta una competizione scientifica da uno strano prof di scienze e così i compagni di Viktor, scoperta l’impresa del compagno, tentano di riprodurre l’esperimento sui propri animali defunti, con risultati inimmaginabili.
Sparky fugge e semina il terrore nella città, Victor dovrà convincere amici e vicini che si tratta del suo cane e non di un mostro, mentre nel frattempo vere minacce si prospettano sulla città... 




Il film come lo ha visto la Stronza


Realizzato in stop motion e 3D, Frankenweenie è l’adattamento e reboot del cortometraggio in carne e attori dell’84 dello stesso Burton. Per il nome, l'autore fa riferimento, ovviamente a Frankenstein di Mary Shelley a cui aggiunge weenie, ovvero miserabile.
Burton ha una fissa per Frankenstein - convive con la bravissima Helena Bonham Carter, che recitò in  Frankenstein di Mary Shelley nel '94 di Kenneth Branagh - e i temi riguardanti le discriminazioni, senza contare i gusto che prova a disseminare tutte le sue opere di auto-riferimenti continui, come i cimiteri, cani morti, gatti neri di passaggio e gusto estetico gotico alla The Cure.
Un lungometraggio al sapore di vendetta, questo è il reboot plasticoso del cortometraggio che gli costò la collaborazione con la Disney. 
Nel complesso il cartone si presenta di pregevole fattura, Burton è un regista di classe, che tratta con il proprio tocco delicato e poetico argomenti e storie, che se trattate altrimenti  da altre menti sarebbero destinate al pattumiera della differenziata. 
Solitudine e malinconia, nebbie e foschie, arti allungati e il bianco e nero da descrivere con tre aggettivi: eleganti, poetici, lentissimi.
Il tempo è relativo e il tempo dell'assenza si dilata e dilania, la mancanza e i miei sentimentalismi, come i miei cambi di umore al limite della schizofrenia mi hanno sempre fatto apprezzare i lavori di Tim Burton.
Seppur diversissimi, tutti i suoi lavori sono riconoscibili, hanno una firma, così anche se risulta l'oppiosto del solito Burton, apprezzo moltissimo Mars attaks, Il pianeta delle scimmie, mentre sembrano più coerenti l'irriverente Beatle Juice e mi sono anche innamorata di Edward mani di forbice per poi adorare la stop motion, che nelle sue mani è capolavoro.
Frankenweanie è un lavoro alla maniera di Tim l’artista, preme sui tasti del pianoforte poetico e nostalgici riferimenti al mondo cinematografico horror e fantascientifico del passato, ma soprattutto della letteratura gotica di Shelley, Byron e Braham Stoker, ma anche ricco di luoghi burtoniani in bianco e nero, scelta per esaltare luci ed ombre dei temi trattati.
I riferimenti sono utilizzati con fantasia nei nomi dei protagonisti, nella critica alla classe media retrograda e dai facili, veloci e spesso errati giudizi e nel lieto fine.
Si potrebbe affermare che Burton sia l’unico autore in grado di fare il lifting allo stile, merito di questa favola triste e delicata e che soffre un’eccessiva lentezza della prima parte di film, in grado di commuovere lo spettatore, senza però annoiare. Bello, ma lento.

8-/10

domenica 17 febbraio 2013

American Horror Story-Asylum, dalla casa morta alla casa matta

ATTENZIONE SPOILER




E' consigliata la visione della prima serie, se l'avete vista e volete rinfrescarvi la memoria premete qui .






Starring:Jessica LangeZachary Quinto, James Cromwell, Joseph FiennesSarah PaulsonLily Rabe,Evan PetersLizzie BrocheréFrances Conroy, Dylan McDermottAdam Levine, Jenna Dewan-Tatum, Barbara Tarbuck, Chloë Sevigny, Ian McShane, Franka Potente, Britne Oldford, Naomi Grossman




Trama



1964, sorella Jude-Jessica Lange dirige l'istituto Briarcliff, l'ospedale psichiatrico presieduto dal monsignor Timothy Howard-Joseph Finnes. All'interno operano, con procedure discutibili, due psichiatri e i pazienti sono  affetti da disturbi terrorizzanti. 
Come se non bastasse all'interno dell'istituto accadono cose spaventose ed inspiegabili, si radunano loschi figuri, si creano alleanze insolite e innaturali: una lesbica, un sospetto serial killer, una microcefala, una suora dal passato burrascoso, un medico che forse ha fatto parte delle SS, una suora indemoniata e violentatrice di preti e sullo sfondo esperimenti, torture, creature mostruose ed alieni...





La serie come l'ha vista la Stronza


La premiata ditta Falchuk-Murphy colpisce nel segno e con la serie seconda, ambientata ed usano Briarcliff come contenitore ed espediente per mostrare le paure e le trame non indagate in Murder House.
Inizia subito con richiami glamour e strizzate d'occhio al mondo gay con la partecipazione di Adam Levine, front man dei Marron 5, nel primo truculento episodio.
La seconda stagione è, dunque, la dimostrazione di come gli autori della serie siano maturati, di come abbiano acquisito padronanza del tema ed osano maggiormente rispetto la prima serie, nella trama più complessa e numerosi flashback, nei dialoghi e nelle storie dei personaggi, ma anche nelle ambientazioni, ancora quasi tutto in un'unica location. 
Forse, però, osano troppo ed inciampano un po' su sè stessi, come quando inseriscono alieni e demoni nella stessa stagione e li fanno agire come deus ex machina, intervenendo nelle trame e modificandole. Insomma gli scrittori dimostrano ancora una certa affezione per la tragedia greca e la relazione tra Eros e Tanatos.
C'è una precisa corrispondenza tra l'epoca di svolgimento dei fatti nel manor e dei topoi horror, paranormali e fantascientifici sviluppati nei lavori cinematografici del  periodo anni '60 e fino agli ultimi '90 - rapimenti alieni, serial killer, pazzia, possessioni demoniache, persecuzioni delle diversità, mostri sconosciuti - e come per la prima serie, sono presenti chiari richiami e commistione delle tematiche del genere, moderni ed arcaici, pericoli endogeni ed esogeni, senza dimenticare che il primo nemico dell'uomo è egli stesso.
Il serial killer Bloody Face, il demonio che passa a possedere suor Mary Eunice, il dottor Arden e alieni, e Lana Winters ,la lesbica giornalista internata contro il suo volere per la scelta sessuale e suor Jude dal tormentato passato sono le figure del complesso quadro a tinte forti.
Ottimi trucchi, effetti scenici e costumi, ad esempio basta notare la costruzione del personaggio di Pepper, interpretata dalla brava Naomy Grossman.
Tra gli interpreti su tutti apprezzabili come performace Zachary Quinto - che ricorda molto il ruolo nella serie Heroes, Sylar - , Sarah Paulson buona e ottima Lily Rabe sempre credibile sia che faccia la santarellina e l'indemoniata, l'attrice francese  Lizzie Brocheré - Grace è buona, mediocre Adam Levine, al suo debutto, grandi sono  Chloë Sevigny la ninfomane Shelly, James Cromwell e notabile Joseph Fiennes, se non fosse per la voce flebile e fastidiosa.
Il miglior episodio è la 8 Lo spirito di Natale, che in originale ha un titolo evocativo Unholy Night, con un eccellente protagonista,  Ian McShane.

la sigla è stata affidata ancora al maestro Kyle Cooper, già autore della sigla della prima serie, stesso tema musicale ed immagini aggiornate ai temi ed alle nuove ambientazioni.
Anche se ho preferito la prima serie per coerenza e conclusione della storia, indubbiamente questa seconda stagione è superiore, quindi chiudo un occhio sulle vicende in sospeso che mai verranno acclarate.

8-/10

sabato 16 febbraio 2013

Homeland II stagione, amara patria


ATTENZIONE SPOILER

E' consigliata la visione della prima serie, se l'avete vista e volete rinfrescarvi la memoria premete qui .

starring: Claire DaneDamian LewisMorena BaccarinDavid Harewood, Diego Klattenhoff, Jamey Sheridan, David Marciano, Navid Negahban, Jackson Pace, Morgan Saylor, Mandy PatinkinRupert FriendZuleikha Robinson, Timothée Chalamet, Hrach Titizian, Valerie Cruz, Maury Sterling, Talia Balsam, Marc Menchaca, Taylor Kowalski, James Rebhorn, Sarita Choudhury, Amy Hargreaves, Marin Ireland


Trama


Carrie si è rifatta una vita dopo l’espulsione dalla CIA, quando improvvisamente viene contattata dai suoi ex-superiori: un contatto di Carrie in Libano, inattivo da anni, si è rifatto vivo ed è disposto a parlare solo con lei, si tratta della moglie del capo Hezbollah
E’ l’occasione che aspettava per dimostrare le proprie ragioni e prendersi una rivalsa sull’Agenzia.
Inaspettatamente il contatto si rivela più utile di quanto non sembrasse e Carrie ha le prove per rivelare il ruolo di Brody in Al-Qaeida.
Nel frattempo Brody attraversa crisi familiari e personali…






La serie come l’ha vista la Stronza


Poteva andare peggio. 
Dopo l’eccezionale premessa della prima stagione, il rischio era la seconda serie, poteva essere un flop completo.

Fortuna? No! Appurata la bravura degli autori e la serie che dal lato tecnico ha un miglioramento, mentre un certo calo lo subisce nella trama.

MARCO GOI NON LINCIARMI! 

scade un po’ e lascia ancora punti poco chiari, eredità della prima stagione, indaga il rapporto vittima e carceriere, aggiunge nuovi e mooooolto interessanti personaggi, ficca il naso tra mogli e mariti, svela il lato della brutta e pragmatica politica made in Usa, nel frattempo continua a regalare momenti action e spy e poi smonta un po’ la tensione verso metà serie e fino alla fine, quando poi finalmente recupera.
Tanto è stato dato nella prima serie è naturale aspettarsi una performance in calo.
Invece si riconferma ottimo il cast, con interpretazioni sempre intense e verosimili di Danes e Lewis – Mathison e Brody -  passioni sentimentali amorosee poi…  alla fine con uno scatto di reni.
Un finale doppiamente a sorpresa quello della stagione II: le cose andranno in un modo, poi cambieranno e volgeranno in un altro verso ed all'ultimo secondo cambieranno ancora.

Rimane un prodotto di alta qualità.
Immancabile il jazz a fare da colonna sonora ai rapporti tra queste figure, a volte maschere - ma vale ricordare: nulla come una maschera svela il volto che la indossa -  sempre ben descritte ed altre un po’ stereotipate.

Un richiamo tangente alla più famosa scena di Non è un paese per vecchi, quando il nuovo acquisto Peter Qinn consiglia a modo suo David Estes, sulle azioni da intraprendere.
Qualche personaggio viene ulteriormente sondato e riscoperto, come il miglior amico di Brody, Faber, comandante dei marines e gli stessi figli di Nicholas, ma anche il lato della funzione della CIA nel gioco politico, la corruzione delle anime.
La patria ancora non si è trovata e da madre diventa matrigna ed è sempre più labile distinzione tra vittime e carnefici nel gioco tra terroristi e terrorizzati e la voglia di libertà delle  pedine svelerà che libertà non è sempre verità, spesso è estremo sacrificio.


Voto 8.5/10

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